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Running in Giappone, tra passato, presente e futuro

Running in Giappone, dal mito degli Ekiden all’ambitissimo lavoro di runner professionista, solo i più forti lo diventano.

Una gara proveniente da molto lontano

Si stanno affacciando in tutto il mondo e da poco anche in Italia, un genere di competizione abbastanza singolare che ha origini molto distanti da noi il loro nome è “Ekiden”. In Giappone, anticamente i messaggi erano recapitati da una località a un’altra tramite l’ausilio di alcuni messaggeri, che dislocati in un preciso ordine, erano soliti passarsi di volta in volta il prezioso carico, il tutto su tracciati costituiti in gran parte tra impervie montagne e fitte foreste. L’origine della parola ci suggerisce proprio questo concetto: “Eki” = stazione, dove gli addetti alla corrispondenza si riposavano e “Den” = trasmettere.

Nei primi anni del novecento qualcuno s’ispirò proprio a questo concetto e da lì l’idea di disputare una vera e propria staffetta tra atleti che di corsa percorsero una delle tratte principali che separavano Kyoto da Tokio, distanti tra loro di ben 500 km. Nel 1917 si svolse quindi la prima edizione proprio tra queste due importanti città. In seguito la distanza complessiva divenne di 42,195 km o maratona, laddove sei staffettisti si passano il testimone o “Tasuki”, su tratti variabili che vanno da cinque a dieci km per ognuno degli elementi della squadra.

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Aspetti sociali

Maratone e gare a staffetta in Giappone sono molto seguite in particolar modo l’Ekiden di Hakone, che riunisce un gran numero di appassionati e gente comune, sia dietro il grande schermo sia ai lati delle strade, dove è possibile assistere a vere e proprie avvincenti sfide tra squadre universitarie, piuttosto che team aziendali che si contende la vittoria finale con volate a perdifiato!

Prendere parte a queste competizioni è molto difficile poiché possono prendervi parte solo le squadre più forti che abbiano la possibilità di reclutare tra le loro fila atleti di ottimo livello tecnico. Il grande richiamo che esse hanno sulla popolazione, spinge molti giovani atleti a tentare la strada del corridore professionista.

Aldilà dell’aspetto puramente agonistico il popolo Giapponese è di per sé molto dedito alla pratica dell’attività fisica che unita a un corretto stile di vita ha permesso a questa nazione di guadagnarsi l’importante riconoscimento di nazione più longeva al mondo. Lo dimostrano i dati delle ultime maratone nazionali che vantano un gran numero di atleti partecipanti di origine Nipponica. In oltre nel 2015, nove maratone giapponesi sono rientrate tra le prime venti per numero di atleti giunti al traguardo, la sola Tokio si è piazzata al sesto posto con trentacinquemila atleti.

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Running in Giappone può essere un lavoro

Diventare un atleta professionista può in apparenza sembrare facile ma presenta in realtà un percorso ricco di difficoltà e insidie.

 Il livello tecnico generale presenta standard molto elevati in termini di qualità complessiva; basti pensare che ai soli campionati nazionali di mezza maratona, con un tempo superiore l’ora e sei minuti non si arriva nei primi centotrenta atleti. Ogni studente universitario promettente riceve una borsa di studio e oltre a dedicarsi al suo percorso formativo, ha la possibilità di svolgere anche attività agonistica come un vero e proprio atleta.   Esiste anche l’eventualità di entrare a far parte di un team aziendale, laddove il dipendente alterna fase in cui lavora, a ore di allenamento.

In quest’ultimo caso è interesse dell’azienda far ben figurare la propria attività commerciale, poiché in caso di buon piazzamento in una delle tante gare a staffetta o “Ekiden” avrebbe un’ottima ripercussione a livello mediatico. Ogni atleta è però sottoposto a durissimi carichi di chilometraggio da parte del proprio allenatore, poiché sia da parte delle università, piuttosto che i team aziendali, sono richiesti degli standard prestazionali molto elevati. Non è possibile però avere due retribuzioni, perché la legge non lo prevede, quindi un atleta aziendale non può svolgere anche un’attività di atleta professionista a sé stante.

L’eccezione alla regola

Leggero come una piuma ma con la forza, la tenacia e la grinta di un vero guerriero delle antichissime arti marziali, a lui non interessa competere per denaro, lo fa solo per superare i suoi limiti e spingersi sempre oltre; parliamo di Yuki Kawauchi. Un giovane trentenne che spuntato dal nulla tra un turno e un altro come impiegato statale, dedica il suo tempo libero a duri allenamenti, ottenendo risultati di tutto rispetto, il tutto completamente da solo, senza l’ausilio di un allenatore. Stiamo parlando di tempi e piazzamenti come il sesto posto alla maratona di New York dello scorso anno, con 2h13’29’’, oppure il suo personale proprio su quest’ultima distanza fermando i cronometri a 2h08’14 siglato a Seoul, come pure due partecipazioni ai campionati mondiali.

Questo ragazzo rifila ormai da qualche anno un grande risultato dietro l’altro, dando il massimo in ogni competizione e giungendo il più delle volte stremato sulla linea di arrivo, questo a testimonianza del grande impegno e passione da lui impiegati. Cos’ha di questo speciale formidabile atleta?

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Yuki Kawauchi

Semplicemente ottiene prestazioni formidabili, ma senza pretesa alcuna di svolgere quest’attività nelle vesti di un atleta professionista, anche perché lo stato come in precedenza spiegato non gli permetterebbe di percepire due stipendi, in oltre a questo implicherebbe minor libertà di scelta individuale giacché dovrebbe sottostare alle ferree direttive degli allenatori. Yuki Kawauchi, rimane secondo me il più grande esempio in territorio Giapponese di come sia possibile abbinare a un’attività lavorativa, un’altra quale lo sport e con ottimi risultati, senza però essere un atleta di professione come la stragrande maggioranza dei suoi rivali di corse.

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Il Giappone nel corso degli anni è destinato a diventare una delle super potenze nel mondo del running. La loro grandezza non risiede solo nella capacità di schierare alla partenza atleti di ottima caratura tecnica, ma anche di attirare una foltissima schiera di semplici appassionati. Tutto ciò non può che giovare al movimento della corsa in quanto questo sport nella sua semplicità, (basta un paio di scarpe e tanta voglia di divertirsi) rappresenta l’attività che più fa bene al nostro fisico e ancora di più alla mente, il popolo Giapponese quest’ultimo concetto l’ha capito alla perfezione integrandolo nella loro quotidianità.

 

immagini: Nipponnews.net galloimages.co.za don1don.com blogsports.com

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